.

.

 

Juveteca -Anno V (2007)

 

Indietro

 

STILE JUVENTUS.19

Andrea Fortunato

 Lo ha strappato alla vita, al calcio e alla Juventus una forma acuta di leucemia. Andrea Fortunato se n'è andato in fretta e dopo tanti patimenti, a dispetto delle cure che per lungo tempo hanno tenuto in vita la speranza che magari potesse guarire e tornare a essere un giocatore di pallone. Sforzi inutili. Illusioni inutili. Patimenti inutili. Su quel corpo da atleta, su quel fisico da velocista, su quella macchina biologicamente, muscolarmente, tecnicamente perfetta, alla fine ha preso sopravvento il male. Fortunato è morto proprio quando, in capo a una serie di tentativi disperati, pareva che la situazione si fosse ristabilita. Invece il peggioramento è stato folgorante, una polmoni­te interstiziale, proprio come la malattia. Se n'è andato a 23 anni, un insulto alla vita.

E’stato il dottor Riccardo Agricola, nel maggio del 1994 ad accorgersi che Fortunato non stava bene. Attacchi febbrili e strane debolezze spinsero il medico della Juventus a procedere con accerta­menti approfonditi. L'analisi del sangue mise subi­to in evidenza la leucemia, sessantacinquemila globuli bianchi, e da allora cominciò per lui, per la sua famiglia e per la Juventus un autentico calvario.

Fortunato resistette fino all'aprile dell'anno suc­cessivo, un'agonia che segnò l'ambiente, un ricor­do che ancora oggi vena di tristezza chi aveva avuto la fortuna di frequentare Fortunato. Dopo due mesi trascorsi alle Molinette di Torino, il mancino bianconero si era trasferito a Perugia, per sottoporsi a trapianto di midollo osseo, anche se non erano stati reperiti donatori compatibili e alla fine si era provato con il papà Peppino. Quando sembrava che la leucemia fosse stata sconfitta, lo tradì l'assenza pressoché totale di difese immunitarie.

Era l'erede di Cabrini e lo chiamavano Belli Capelli, per via della zazzera lunga e della mania di pettinarsi. Era stato Angelo Di Livio, amico e compagno inseparabile, ad appioppargli quel so­prannome che, con il passare dei mesi, divenne una simpatica etichetta. Era un terzino sinistro, Fortunato. Un fluidificante di buona corsa e ottima propensione al cross che Giampiero Boniperti aveva acquistato dal Genoa, non senza sborsare una discreta dose di quattrini. Investimento impor­tante che Giovanni Trapattoni, per la seconda volta sulla panchina bianconera, stava cercando di fare rendere al meglio. Fortunato era sopravvissu­to anche al passaggio di gestione societaria - da Boniperti, appunto, alla triade umbertiana com­posta da Giraudo, Moggi e Bettega - e si poneva come pedina preziosa per la gestione Lippi. La leucemia gli impedì di coronare il suo sogno e interruppe anche la sua avventura in Nazionale, sotto la guida del commissario tecnico Arrigo Sac­chi. In bianconero ha collezionato appena 35 presenze e due gol.

La fotografia di Andrea Fortunato tutt'oggi è appe­sa nello spogliatoio della squadra, allo stadio Olimpico, lui testimone dall'alto di avventure che non ha potuto continuare a vivere; lui amico della Juventus per sempre; lui simbolo per i tifosi bianconeri che lo avevano contestato, un giorno, ignari che le sue prestazioni altalenanti erano figlie della malattia e non di scarso impegno. Per poi pentirsene. 

            

<< Torna al nuovo articolo>>

 

                                                                    

 

 

 

 

 

 

.

..

 

 

 

 

 

 
 

JuveClub

G.Boniperti