Torino 1947: il Presidente della
Juventus Giovanni Agnelli con alcuni dirigenti e l’allenatore Cesarini.
L’Avvocato e la Signora è una vecchia,intensa
storia d’amore che il tempo non ha sbriciolato e che negli anni – ormai
sono più di settanta – si è consegnata rilucente all’oleografia
leggendaria dell’uomo e del calcio.Forse è impensabile immaginare la
Juventus orfana della presenza costante e appassionata di Giovanni
Agnelli,forse Giuanin l’Avucat,come lo chiamano i piemontesi di antica
data,”è” la Juventus,identificazione perfetta di un personaggio con
un’entità soprannazionale.Il legame in effetti è inscindibile,una
convivenza di passioni e di denari non solo sportiva ma totale nella sua
completezza:insomma,non il gioioso e costoso giocattolo di Famiglia ma
un bene ereditato dal nonno sul letto di morte.E’ l’Avvocato,che della
Juventus è stato presidente e padrone,che fino agli ultimi giorni della
sua vita ha continuato ad essere il primo tifoso anche da pensionato più
ricco e indaffarato d’Italia,non dimenticandosi mai di badare alla sua
squadra.La prima volta che Giovanni Agnelli venne portato a vedere la
Juventus,dal papà Edoardo,al campo di corso Marsiglia,aveva appena
quattro anni.Era il settembre 1925 e sei anni dopo,nel settembre 1931,il
futuro Avvocato era già smanioso di vedere i bianconeri impegnati a
Villar Perosa in una amichevole contro la Pro Vercelli,nell’ambito di
una festa organizzata dai sindacati per celebrare il primo quarto di
secolo delle officine Fiat.A quindici anni,orfano del padre deceduto in
un incidente aereo,fu mandato dal nonno a “prendere confidenza” con la
Juventus,spedito davanti al senatore Giovanni Mazzonis e a Enrico
Craveri,che allora gestivano la società.Un primo contatto
sostanzialmente distaccato che divenne però un abbraccio totale poco
dopo la guerra,quando Giovanni Agnelli venne acclamato presidente,il 22
luglio 1947.Lasciò dopo sette anni,nel 1954,in un periodo buio per il
club,avvicendato dal fratello minore Umberto,ventunenne non meno
coinvolto sentimentalmente dalle vicende della Signora.Anche da
presidente onorario,l’Avvocato ha sempre partecipato alla gestione della
società,agevolato da un fiuto da autentico intenditore.
Appassionato di “numeri 10”,fautore dei calciatori
dotati di fantasia( da Sivori a Platini,da Baggio a Del
Piero),dispensatore di battute divertenti,umorista sottile,critico
garbato,negli ultimi decenni si è distinto per aver portato in Italia
Michel Platini al costo “di un tozzo di pane” e per aver abbattuto con
largo anticipo sull’incedere della storia il muro con la ex Unione
Sovietica,ingaggiando l’ucraino Alexandere Zavarov dalla Dinamo Kiev.Colpi
di mercato che ne hanno accresciuto la fama e ne hanno mitizzato i
commenti.Le parole di Giovanni Agnelli erano sempre ed inevitabilmente
“pietre” sulle quali venivano costruite considerazioni politiche e
sportive: la “erre”arrotata e l’inconfondibile “veda” fanno tendenza e
notizia.L’Avvocato in sostanza è stato un “cult” per qualsiasi tifoso
bianconero e un punto di riferimento per gli amministratori del club.Dimessosi
dalla Fiat nel 1996,è diventato semplicemente un ammalato di
“voyeurismo” non tralasciando di dedicare parte del suo tempo alla
Juventus.Sono liturgiche le visite al Comunale durante la settimana per
assistere agli allenamenti,sono sentenze i giudizi che esprime con il
gusto raffinato per l’ironia.Sostenitore appassionato,l’Avvocato è molto
severo nel giudicare la squadra,i risultati,i risvolti.Con Giampiero
Boniperti,il “presidentissimo”,ha avuto un lungo,intenso rapporto
fiduciario;con Luca Cordero di Montezemolo,al quale ha affidato la
società tra il 1989 e il 1990,un legame quasi paterno.Il giorno che
restituì la Juventus al geometra di Barengo,disse:”E adesso vediamo cosa
riuscirà a fare Luca da grande”.Gli “regalò”,dopo pochi mesi,la Ferrari.
Era innamorato della Juventus,l’Avvocato.Resta
memorabile una sua considerazione,riproposta spesso nelle interviste: “
Fosse per me,avrei tenuto ancora Combi”. I campioni veri sono scolpiti
nella sua memoria e nel suo cuore,mai nel suo portafoglio.Per Gianluca
Vialli pagò al compianto presidente della Sampdoria,Enrico Mantovani,una
cifra spropositata,tra contanti e calciatori.Lo fece per vedere
completata una formazione che stava rinascendo: a nessuno diede
l’impressione di una prevaricazione perpetrata da un potente.
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