STILE JUVENTUS.16
La Juventus e la FIAT : visita agli stabilimenti nel 1964.
Nella foto si riconoscono Amaral,Sarti,Stacchini e Del Sol.
All'inizio, quando
è stata fondata nel 1899 dal senatore Giovanni Agnelli, si chiamava
"Società italiana per la costruzione e il commercio delle automobili",
denominazione dalla quale nacque la "Fabbrica Italiana Automobili
Torino", cioè la Fiat. E' il colosso della nostra industria e per molti
anni, fino a quando non c'è il stato il passaggio delle azioni all'Ifil
(1997), ha annoverato tra le sue molteplici attività parallele
(metallurgia, componentistica, turismo, editoria, biochimica) anche la
Juventus. Non a caso, viene abituale considerare la società bianconera
uno dei "giocattoli di Famiglia", assieme alla Ferrari, ereditata
dall'ingegner Enzo, il Drake, molti anni fa.
Ma la Juventus è una
passione più antica. II 24 luglio del 1923, per la cronaca e per la
storia, è il giorno in cui l'assemblea straordinaria dei soci elegge
Edoardo Agnelli alla presidenza del club. Da allora, il matrimonio è
stato felice e indissolubile, segnato da molti trionfi e cadenzato da
autentiche svolte. Esempio lampante è stato Bruna, terzino sinistro alla
domenica e operaio specializzato per il resto della settimana. Siccome
era bravo e siccome la Juventus aveva bisogno di lui, fu lo stesso
senatore Agnelli ad accordargli un permesso particolare affinché non
saltasse neppure un allenamento. L'episodio, ormai vecchio e
circoscritto, è comunque indicativo del legame solidissimo che fin da
subito ha unito la famiglia più potente del capitalismo italiano alla
squadra più blasonata. La Fiat ha speso soldi per i bianconeri: magari
oggi certe cifre fanno sorridere, ma le mille lire al mese del 1923, con
un posto di contabile in un'azienda dell'indotto, offerte a Rosetta
equivalgono a molti miliardi del Terzo Millennio. Oppure l'ingaggio di
Orsi, anno 1928: dunque, 8.000
lire al mese, più una Fiat 509, più 100.000 lire di premio. Soldoni.
La Fiat, già. Gli agganci dell'industria piemontese all'Est
hanno consentito agli Agnelli di abbattere il Muro con i Paesi dell'ex
area sovietica molto prima che lo facesse la storia. Zibì Boniek, tanto
per citare un caso famoso, venne strappato alla Polonia e alla
concorrenza della Roma grazie alla potenza della Fiat, che aveva
impianti e interessi oltre cortina. E lo stesso, forse ancora di più,
valse per Alexander "Sacha" Zavarov, il primo russo a sbarcare a Torino
quando si parlava appena di glasnost e perestrojka. Anche in quel caso,
sfruttando le entrature nella nomeklatura sovietica e i rapporti
privilegiati con Gorbaciov, la Juventus ottenne subito ciò che gli altri
ebbero dopo.
Fiat e Juventus si sono svincolate l'una dall'altra non per
un improvviso disinnamoramento ma per un atto di convenienza operativa.
L'Ifil, del resto, è sempre in mano agli Agnelli. Ma tra la fine degli
anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, l'esacerbarsi di situazioni
delicate consigliò un progressivo disimpegno. L'acquisto di Gianluca
Vialli dalla Sampdoria suscitò più di una protesta da parte di alcuni
azionisti di minoranza, protagonisti di autentici show durante le
Assemblee, mentre Fabrizio Ravanelli si vide al centro di una dura
contestazione da parte degli operai che lo notarono transitare in
macchina vicino ai cancelli di Mirafiori nel mezzo di un corteo. Ora non
ci sono punti di contatto diretto tra la Fiat e la Juventus, anche se
per la tradizione popolare e per gli avversari più avvelenati, niente è
mutato rispetto a quando la squadra bianconera finiva a bilancio della
holding torinese.
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