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Juveteca -Anno V (2007)

 

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STILE JUVENTUS.18

La tragica scomparsa di Giovanni Alberto Agnelli (qui con Michel Platini)

 Giovanni Alberto Agnelli è morto a 33 anni, alle porte di Torino, tra gli alberi secolari del parco della Mandria, dove era tornato dopo il viaggio della speranza in America. Era ammalato di cancro, il nipote prediletto dell'Avvocato, al quale proprio il senatore Giovanni aveva consegnato virtualmente i1 futuro della Fiat. Una forma rarissima di tumore addominale, scoperto nella primavera del 1996 e contro il quale il figlio del dottor Umberto aveva lottato senza mistero, fino al 13 dicembre 1997, il giorno del trapasso, lo ha sconfitto all'inizio della sua ascesa professio­nale. Sul quotidiano di Famiglia, La Stampa, lo stesso Giovannino Agnelli aveva confessato di essere vittima del cancro e di essere in cura a New York. Annunciava, anche, che la moglie Avery aspettava una bambina, Virginia Asia. Quattro mesi di terapie nel cuore di Manhattan non hanno sortito effetti. Ai medici statunitensi, il giovane manager torinese aveva chiesto solo un miracolo: farlo vivere fino alla nascita di sua figlia, avvenuta il 16 settembre.

Giovanni Alberto Agnelli, al momento della morte, era presiden­te e amministratore delegato della Piaggio. Era nato a Milano il 19 aprile 1964, figlio di Umberto Agnelli e di Antonella Bechi Piaggio, anch'essa prematuramente scomparsa. Dopo aver fre­quentato la scuola dell'obbligo a Torino, al Collegio San Giusep­pe, si era trasferito negli Stati Uniti iscrivendosi a1 liceo del Collegio Militare della McCallie Academy di Chattanooga e si era poi laureato presso la Brown Universiry nel Rhode Island. Di qui la scalata al gotha di Famiglia con alcune parentesi curiose come il servizio militare nel corpo dei paracadutisti e i sei mesi trascorsi in incognito alla catena di montaggio della Fiat come un operaio qualunque. Gavetta dura, insomma, per diventare uno yuppie. Il rapporto di Giovanni Agnelli con la Juventus è stato sempre intenso. La settimana prima di morire, volle assistere alla sfida di Champions League contro il Manchester United. Un coraggio­so gesto d'amore che sembrava potesse riaprire la speranza e che invece rappresentava la sua ultima partita. Un commiato senza ritorno: "Quando ero in America a studiare, mettevo le scarpette ai piedi e pensavo di essere un fuoriclasse, però diventavo una schiappa come tanti altri", amava raccontare Giovannino. Ma un tentativo per entrare nel grande calcio lo fece per davvero, nel 1983, andando in ritiro con la Juventus a Villar Perosa. Era la squadra di Platini, del quale restò affascinato, e di Trapattoni, che lo colpì per i metodi da sergente di ferro. Il passaggio fu breve: meglio la scrivania, i numeri e le strategie dei moderni manager rampanti.

Con Giampiero Boniperti era amico, con lo sport aveva un rapporto diretto. Adorava anche la Ferrari e aveva organizzato i Mondiali di sci al Sestriere, riscuotendo un autentico successo. Con Alberto Tomba era stato insieme nei Carabinieri, con la vita ha potuto confrontarsi troppo poco.   

        

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