STILE JUVENTUS.18
La tragica scomparsa di Giovanni
Alberto Agnelli (qui con Michel Platini)
Giovanni Alberto Agnelli è morto a 33 anni, alle porte di
Torino, tra gli alberi secolari del parco della Mandria, dove era
tornato dopo il viaggio della speranza in America. Era ammalato di
cancro, il nipote prediletto dell'Avvocato, al quale proprio il senatore
Giovanni aveva consegnato virtualmente i1 futuro della Fiat. Una forma
rarissima di tumore addominale, scoperto nella primavera del 1996 e
contro il quale il figlio del dottor Umberto aveva lottato senza
mistero, fino al 13 dicembre 1997, il giorno del trapasso, lo ha
sconfitto all'inizio della sua ascesa professionale. Sul quotidiano di
Famiglia, La Stampa, lo stesso Giovannino Agnelli aveva confessato di
essere vittima del cancro e di essere in cura a New York. Annunciava,
anche, che la moglie Avery aspettava una bambina, Virginia Asia. Quattro
mesi di terapie nel cuore di Manhattan non hanno sortito effetti. Ai
medici statunitensi, il giovane manager torinese aveva chiesto solo un
miracolo: farlo vivere fino alla nascita di sua figlia, avvenuta il 16
settembre.
Giovanni Alberto
Agnelli, al momento della morte, era presidente e amministratore
delegato della Piaggio. Era nato a Milano il 19 aprile 1964, figlio di
Umberto Agnelli e di Antonella Bechi Piaggio, anch'essa prematuramente
scomparsa. Dopo aver frequentato la scuola dell'obbligo a Torino, al
Collegio San Giuseppe, si era trasferito negli Stati Uniti iscrivendosi
a1 liceo del Collegio Militare della McCallie Academy di Chattanooga e
si era poi laureato presso la
Brown Universiry nel Rhode Island. Di qui la scalata al gotha di
Famiglia con alcune parentesi curiose come il servizio militare nel
corpo dei paracadutisti e i sei mesi trascorsi in incognito alla catena
di montaggio della Fiat come un operaio qualunque. Gavetta dura,
insomma, per diventare uno yuppie. Il rapporto di Giovanni Agnelli con
la Juventus è stato sempre intenso. La settimana prima di morire, volle
assistere alla sfida di Champions League contro il Manchester United. Un
coraggioso gesto d'amore che sembrava potesse riaprire la speranza e
che invece rappresentava la sua ultima partita. Un commiato senza
ritorno: "Quando ero in America a studiare, mettevo le scarpette ai
piedi e pensavo di essere un fuoriclasse, però diventavo una schiappa
come tanti altri", amava raccontare Giovannino. Ma un tentativo per
entrare nel grande calcio lo fece per davvero, nel 1983, andando in
ritiro con la Juventus a Villar Perosa. Era la squadra di Platini, del
quale restò affascinato, e di Trapattoni, che lo colpì per i metodi da
sergente di ferro. Il passaggio fu breve: meglio la scrivania, i numeri
e le strategie dei moderni manager rampanti.
Con Giampiero Boniperti era amico, con lo
sport aveva un rapporto diretto. Adorava anche la Ferrari e aveva
organizzato i Mondiali di sci al Sestriere, riscuotendo un autentico
successo. Con Alberto Tomba era stato insieme nei Carabinieri, con la
vita ha potuto confrontarsi troppo poco.
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