STILE JUVENTUS.5
Il contributo alla
Grande Guerra- Benigno Dalmazzo
All'inizio furono ventiquattro, così
distribuiti: 6 soldati semplici e 18 tra ufficiali, allievi ufficiali,
sottufficiali, addetti alla sanità. Tutti juventini, sacrificati
sull'altare della Grande Guerra. Nel 1917 erano 170, un numero
considerevole, al punto che per tenere i contatti tra la società
bianconera e chi era al fronte nacque
Hurrà Juventus,
il periodico del club: era il giugno 1915 e il nome venne
mutuato dallo slancio interventista e bellicista dei giovani juventini,
il "Gu-rai", cioè verso la pace celeste, che urlavano i cosacchi.
Proprio nello stesso anno, il giorno 23
del mese di ottobre, cadde in combattimento sull'Isonzo Enrico Canfari,
il presidente. Le identità patriottiche dei bianconeri al fronte erano
in sintonia con lo spirito borghese e studentesco dell'epoca, ma
riflettevano anche l'ambiente sociale a cui appartenevano. Le lettere
inviate dai campi di battaglia a
Hurrà Juventus
e poi successivamente pubblicate, offrono uno spaccato di
cosa significava allora essere juventino dentro. Scriveva Sandro
Zambelli, il 24 luglio 1915: "Sto benone nel vero senso della parola,
non desidero che di trovarmi vis à vis. o meglio vis à dos con un
austriaco per fargli provare la potenza degli shuts juventini". Insomma,
il calcio finiva per essere il filo conduttore di carteggi dal contenuto
drammatico. Tanto che Benigno Dalmazzo, scrivendo ad Alfredo Armano, ha
il fegato per spingersi persino più in là: —Non
abbiamo premura di vincere, ma la vittoria la vogliamo completa. Il
girone sarà lungo ma otterremo il campionato. Se non basta il tempo
regolamentare faremo delle riprese supplementari, ma la débàcle degli
avversari sarà clamorosa e il capitano Cecco Beppe sarà costretto a dare
le dimissioni. I limiti del campo sono un po' estesi: la Svizzera e la
Serbia sono due buoni linesmen che come tutti gli altri si accontentano
di gridare i loro falli, senza però poterli impedire; Trento e Trieste i
due pali del goal che noi, novelli Zio Bomba, sfonderemo. Se pensi poi
che tutti i soldati hanno ormai la camicia bianca e nera (più nera che
bianca) ti potrai figurare tutto lo slancio dei nostri vent'anni".
Tra i 170 nomi che nel 1917 tengono alto
l'onore bianconero ce ne sono molti che appartengono alla crema
torinese, ma ci sono anche tante persone comuni. In assoluto,
l'esperienza della Grande Guerra - inizialmente goliardica poi tragica
- lascia tracce profonde nell'esistenza della Juventus. Lo si intuisce
da alcune strofe dell'inno sociale, composto da Gigi Collino nel 1919: "Sappiam
goder, ma pur sapemmo come sul campo occorra disfidar 1a morte", frase
questa che poi subisce una serie di variazioni e accorgimenti fino a
diventare "ma pur sapemmo come si debba oprar sui campi dell'onor". Il 5
luglio del 1919, l'Assemblea generale ordinaria della Juventus delibera
di raccogliere tutti i nomi dei caduti nella campagna del '15-'18 in una
lapide da porre sul campo di gioco. Commemorazione datata 10 gennaio
1920.
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