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Juveteca -Anno II (2005)

 

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STILE JUVENTUS.5

 

Il contributo alla Grande Guerra- Benigno Dalmazzo

All'inizio furono ventiquattro, così distribuiti: 6 soldati semplici e 18 tra ufficiali, allievi ufficiali, sottufficiali, addetti alla sanità. Tutti juventini, sacrificati sull'altare della Grande Guerra. Nel 1917 erano 170, un numero considerevole, al punto che per tenere i contatti tra la società bianconera e chi era al fronte nacque Hurrà Juventus, il periodico del club: era il giugno 1915 e il nome venne mutuato dallo slancio interventista e bellicista dei giovani juventini, il "Gu-rai", cioè verso la pace celeste, che urlavano i cosacchi.

Proprio nello stesso anno, il giorno 23 del mese di ottobre, cadde in combattimento sull'Isonzo Enrico Canfari, il presidente. Le identità patriottiche dei bianconeri al fronte erano in sintonia con lo spirito borghese e studentesco dell'epoca, ma riflettevano anche l'ambiente sociale a cui appartenevano. Le lettere inviate dai campi di battaglia a Hurrà Juventus e poi successivamente pubblicate, offrono uno spaccato di cosa significava allora essere juventino dentro. Scriveva Sandro Zambelli, il 24 luglio 1915: "Sto benone nel vero senso della parola, non desidero che di trovarmi vis à vis. o meglio vis à dos con un austriaco per fargli provare la potenza degli shuts juventini". Insomma, il calcio finiva per essere il filo conduttore di carteggi dal contenuto drammatico. Tanto che Benigno Dalmazzo, scrivendo ad Alfredo Armano, ha il fegato per spingersi persino più in là: Non abbiamo premura di vincere, ma la vittoria la vogliamo completa. Il girone sarà lungo ma otterremo il campionato. Se non basta il tempo regola­mentare faremo delle riprese supplementari, ma la débàcle degli avversari sarà clamorosa e il capitano Cecco Beppe sarà costretto a dare le dimissioni. I limiti del campo sono un po' estesi: la Svizzera e la Serbia sono due buoni linesmen che come tutti gli altri si acconten­tano di gridare i loro falli, senza però poterli impedire; Trento e Trieste i due pali del goal che noi, novelli Zio Bomba, sfonderemo. Se pensi poi che tutti i soldati hanno ormai la camicia bianca e nera (più nera che bianca) ti potrai figurare tutto lo slancio dei nostri vent'anni".

Tra i 170 nomi che nel 1917 tengono alto l'onore bianconero ce ne sono molti che appartengono alla crema torinese, ma ci sono anche tante persone comuni. In assoluto, l'esperienza della Grande Guerra - inizial­mente goliardica poi tragica - lascia tracce profonde nell'esistenza della Juventus. Lo si intuisce da alcune strofe dell'inno sociale, composto da Gigi Collino nel 1919: "Sappiam goder, ma pur sapemmo come sul campo occorra disfidar 1a morte", frase questa che poi subisce una serie di variazioni e accorgimenti fino a diventare "ma pur sapemmo come si debba oprar sui campi dell'onor". Il 5 luglio del 1919, l'Assemblea generale ordinaria della Juventus delibera di raccogliere tutti i nomi dei caduti nella campagna del '15-'18 in una lapide da porre sul campo di gioco. Commemorazione datata 10 gennaio 1920. 

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