|
Tutto si può dire di Roberto Bettega - della sua classe di campione
autentico, dei suoi gol spesso spettacolari - ma non che non sia un
uomo di notevole lungimiranza: difatti, mentre si avvia alla parte
conclusiva di una carriera grandissima,
illustrata da sette scudetti, decide di costruirsi un futuro altrove.Un’esperienza
all’estero, in un Paese lontano come il Canada,ma in fondo anche
vicino, per la presenza di migliaia di italiani.Toronto, dunque,
anzi i Toronto Blizzard, nome che significa letteralmente tempesta
di neve. E' li che Bettega chiude la sua
storia di calciatore per poi prepararsi, attraverso numerose
esperienze, compresa quella di seconda voce per le reti Fininvest,all'avventura
di dirigente della Juve, il club in cui si identifica da quand’era
un bambino e frequentava lo stadio Comunale da raccattapalle,
all'inizio degli anni Sessanta. Torinese, figlio di emigranti
veneti, non è un personaggio semplice, Conquista con i gol e con
quei suoi colpi da virtuoso d'area la fiducia dei compagni, supera
gli agguati delle malattie e degli infortuni(gravissimo quello al
ginocchio che gli vieta di partecipare al Mondiale 1982 e al trionfo
della squadra di Enzo Bearzot, di cui
è
uno degli allievi prediletti), offre alla Juve tutto il proprio
repertorio, diventa nei momenti più scabrosi il difensore numero uno
del buon nome della società nei primi salotti televisivi,studia già
il nuovo ruolo, sull'esempio di Giampiero Boniperti, il presidente.
E quando capisce che nella super squadra di Michel Platini e
Zbigniew Boniek deve adattarsi anche lui, che intanto ha superato i
trentadue anni, non esita ad afferrare il messaggio: la sua epoca
sta per finire, meglio trasferirsi subito e lasciare qualche
rimpianto, invece di ritrovarsi in panchina.
Vola a Toronto, raggiunge l'accordo e ritorna per tentare la
conquista più prestigiosa: la Coppa dei Campioni. Niente da fare: il
destino gliela nega, il 25 maggio del 1983, ad Atene,davanti
all’Amburgo. Bettega ha poco da rimproverarsi: è lui,soltanto lui, a
far tremare il portiere dei tedeschi, Stein, in serata di grazia
assoluta. L'Amburgo resiste,l’1-0 firmato da Magath resiste, Bettega
se ne va con una grande amarezza.
Quattro mesi più tardi, la Juve va a trovarlo in Canada, in una
tournée pre-campionato: la sfida finisce 2-2 e per il controllo di
Bettega,Giovanni Trapattoni sceglie Nicola Caricola, giovanissimo
difensore appena sbarcato dal Bari. Per Bettega sono due stagioni
interessanti, ogni volta che torna in Italia per una veloce vacanza
rifioriscono voci di un suo passaggio ad altre squadre: in
particolare, il Milan e l'Udinese. Bettega va a trattare, poi
ringrazia e rinuncia: la Juve, o niente. In fondo, è ancora lui
l'ultimo grande prodotto del calcio torinese, senza contare i
diciannove gol in quarantadue presenze con la Nazionale. Un
formidabile esponente del gioco aereo (di testa realizza all'esordio
a Catania nel 1970 il primo dei centoventinove gol in serie A,una
sola volta capocannoniere). |
|