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26 Novembre 1996,Tokyo: Si celebra
il secondo trionfo mondiale della Juventus. Forse la Juve più
completa e brillante dell'intero primo ciclo di Marcello Lippi, di
sicuro quella che gli regala le massime gioie da allenatore.
Potente, ma molto fantasiosa,fonda il proprio gioco sulla capacità
tecnica dei suoi campioni,da Zidane a Del Piero, da Peruzzi a Boksic.
Maestra nel mantenimento della palla,
continua nel rendimento.Sulla strada di una Juve così concepita,dopo
la rinuncia ai guerrieri Vialli e Ravanelli, c'è il River Plate di
Francescoli – idolo non dimenticato di Zidane ai tempi dell'Olympique
Marsiglia – e del reclamizzatissimo Ortega, che in Italia deluderà
nella Sampdoria e poi nel Parma.
La Juve è reduce dal successo in
Champions League a Old Trafford (basta un rigore di Del Piero per
liquidare il Manchester United,generoso ma improduttivo), è in
salute e lo dimostra subito,occupando la metà campo argentina.
Ad ogni mossa di Lippi risponde Ramon Diaz, l'ex-cannoniere dell’Inter
dei record, ora in panchina.
L'obiettivo del River è di attendere
con pazienza il momento per colpire l'avversario più forte, cosicché
l'incertezza resiste a lungo,tenuto conto che la Juve non traduce
almeno in un gol la propria superiorità globale, testimoniata dal
sontuoso incedere di Zidane,ben assistito da tutto il centrocampo,
dalla freschezza di Del Piero e purtroppo dalla voracità di Boksic
sotto rete. Tanto abile nel liberarsi da ogni controllo, quanto
pasticcione nelle conclusioni,l'attaccante croato suscita anche
negli osservatori neutrali sentimenti contrastanti: ammirazione
per la sua classe,rabbia per la sua imprecisione.
Un giocatore importante, dalla
progressione irresistibile, ma non un fuoriclasse. E quando Ortega
accarezza la traversa con un tiro-cross che inganna Peruzzi (e sulla
respinta Sorin, bocciato pochi mesi prima da Lippi, si presenta in
ritardo), un brivido corre lungo la schiena degli juventini. Ma è
anche un segnale che la svolta propizia è vicina.
Minuto 81: da un calcio d'angolo nasce una mischia in area
argentina, a risolverla è Del Piero con un destro splendido e
imparabile per Bonano, il portiere che successivamente non darà in
Europa - al Barcellona - grandi dimostrazioni di sé. La palla vola
sotto la traversa, neppure Astrada,piazzato sulla linea, può
intervenire.
E' il gol decisivo, che vale a Del
Piero - leggero come una farfalla,non ancora punta-punta, ma già in
carriera per un posto da leader - anche il premio quale miglior
giocatore della finale. E' festa tra i giapponesi,la popolarità
dell’erede di Roberto Baggio s’impenna. Appena ventiduenne,
Alessandro Del Piero balza sul tetto del mondo e riporta a Torino
dopo undici anni la Coppa Intercontinentale.
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