STILE JUVENTUS.22
SCRITTORI JUVENTINI
Mario Soldati
Giorgio
Bocca in porta. Linea difensiva formata da Luigi Firpo, Pierpaolo
Pasolini, Paolo Volponi e Antonio Tabucchi. A centrocampo, Giovanni
Arpino nel ruolo di regista, più Sandro Veronesi in quello di mediano,
sulle fasce due giornalisti, Lamberto Sposini e Bruno Vespa. L'attacco,
adesso: Mario Soldati centravanti, con la variabile dello
straniero
Alan Friedman o
dell'indigeno
Vittorio Sgarbi.
Insomma, sono tanti gli scrittori bianconeri che si potrebbe davvero
allestire una formazione di calcio.
E se alcuni di questi
hanno esplicitato la loro passione per la Juventus solo attraverso il
tifo, altri invece ci hanno regalato pagine indimenticabili.
Giovanni Arpino, torinese, morto nel 1987, merita un posto
in primo piano nella letteratura contemporanea e nella storia della
Juventus. Giornalista, elzevirista e corsivista per
La Stampa
e
Il Giornale,
collaboratore di
Tuttosport
durante la gestione Baretti, ha descritto i vizi e le virtù dei più
grandi campioni del football. Intorno alla Juventus si è sbizzarrito,
basta ricordare alcune sue immagini: La
Vecchia Signora,
la
Madama,
la
Signora Omicidi, Juve
primo amore,
la
Fidanzata d'Italia.
Resta poi indelebile un'istantanea della società
bianconera scattata proprio da Arpino: "Dici Juventus e sei conosciuto
da Helsinki a Melbourne, dal Canada al Pakistan: ed è questa identità che diventa biglietto da
visita internazionale...". Mario Soldati è l'altro scrittore di
riferimento della Juventus, uno dei grandi della letteratura italiana,
autore tra l'altro di
Le due città
e di
Una Ave Maria per la
Juventus.
Inconfondibile con il suo toscano stretto tra le labbra, immutabile
nella sua oleografia molto discreta, sempre misurato nei giudizi,
Soldati incarna più di qualsiasi altro la piemontesità e l'eleganza
della squadra bianconera, alla quale è sempre stato legatissimo.
"Il mondo della borghesia contro il mondo del proletariato
? Sembra di sì... E perfino i colori sembrano confermarlo: le strisce e
il bianco e il nero, prova di anglicismo, di eleganza, di sofisticheria;
il granata, nella sua semplicità, di tutto il contrario", scriveva
Soldati riguardo le due anime calcistiche di Torino. Un concetto
peraltro molto caro anche a Luigi Firpo, ambasciatore della torinesità:
"Nei sobborghi dimessi, nelle grigie case intristite del centro, si
annidava ormai numerosa, compatta, solidale, una gente umile e
paziente...”; e Caterina Carbonesio, una maestra che scrisse
una lettera appassionata a
Hurrà Juventus,
confermava questa immagine "di quando dal mio paese natale, nel
Monferrato, venni a Torino, frequentando tutti i giovani brillanti
juventini: mi sembrava che avessero in tasca la felicità".
|