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Juveteca -Anno V (2007)

 

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STILE JUVENTUS.22

 

SCRITTORI JUVENTINI

Mario Soldati

 Giorgio Bocca in porta. Linea difensiva formata da Luigi Firpo, Pierpaolo Pasolini, Paolo Volponi e Antonio Tabucchi. A centrocampo, Giovanni Arpino nel ruolo di regista, più Sandro Veronesi in quello di mediano, sulle fasce due giornalisti, Lamberto Sposini e Bruno Vespa. L'attacco, ades­so: Mario Soldati centravanti, con la variabile dello straniero Alan Friedman o dell'indigeno Vittorio Sgarbi. Insomma, sono tanti gli scrittori bianconeri che si potrebbe davvero allestire una formazione di calcio.

E se alcuni di questi hanno esplicitato la loro passione per la Juventus solo attraverso il tifo, altri invece ci hanno regalato pagine indimenticabili.

Giovanni Arpino, torinese, morto nel 1987, merita un posto in primo piano nella letteratura contemporanea e nella storia della Juventus. Giornalista, elzevirista e corsivista per La Stampa e Il Giornale, collaboratore di Tuttosport durante la gestione Baretti, ha descritto i vizi e le virtù dei più grandi campioni del football. Intorno alla Juventus si è sbizzarrito, basta ricordare alcune sue immagini: La Vecchia Signora, la Madama, la Signora Omicidi, Juve primo amore, la Fidanza­ta d'Italia. Resta poi indelebile un'istantanea della società bianconera scattata proprio da Arpino: "Dici Juventus e sei conosciuto da Helsinki a Melbourne, dal Canada al Pakistan: ed è questa identità che diventa biglietto da visita internazio­nale...". Mario Soldati è l'altro scrittore di riferimento della Juventus, uno dei grandi della letteratura italiana, autore tra l'altro di Le due città e di Una Ave Maria per la Juventus. Inconfondibile con il suo toscano stretto tra le labbra, immutabile nella sua oleografia molto discreta, sempre misu­rato nei giudizi, Soldati incarna più di qualsiasi altro la piemontesità e l'eleganza della squadra bianconera, alla quale è sempre stato legatissimo.

"Il mondo della borghesia contro il mondo del proletariato ? Sembra di sì... E perfino i colori sembrano confermarlo: le strisce e il bianco e il nero, prova di anglicismo, di eleganza, di sofisticheria; il granata, nella sua semplicità, di tutto il contrario", scriveva Soldati riguardo le due anime calcistiche di Torino. Un concetto peraltro molto caro anche a Luigi Firpo, ambasciatore della torinesità: "Nei sobborghi dimessi, nelle grigie case intristite del centro, si annidava ormai numerosa, compatta, solidale, una gente umile e paziente...; e Caterina Carbonesio, una maestra che scrisse una lettera appassionata a Hurrà Juventus, confermava questa immagine "di quando dal mio paese natale, nel Monferrato, venni a Torino, frequentando tutti i giovani brillanti juventini: mi sembrava che avessero in tasca la felicità".

       

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