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Gaetano Scirea era
un calciatore così raro per classe,eleganza e correttezza, che ha
stabilito un record imbattibile: non è mai stato espulso in tutta la
carriera. E' anche lo juventino che ha giocato il maggior numero di
partite nella storia del club. La straordinarietà è nel fatto che
Scirea era un libero, dunque molto esposto alle decisioni arbitrali,
ancor prima che le novità regolamentari -introdotte dalla Fifa dopo
il 1990 nel tentativo di rendere più spettacolare il gioco -
inasprissero le sanzioni per i difensori. A1 massimo, a Scirea, è
toccato qualche cartellino giallo, ma mai più di tre a campionato.
Difatti, non è mai
stato squalificato, neppure per cumulo di ammonizioni. Nessun altro
giocatore del suo livello, un campione assoluto che ha vinto tutto
con la Juventus e con la Nazionale, può vantare un'intera vita
agonistica senza macchia. Ma non basta: Scirea era anche il primo
costruttore del gioco della squadra, il suo sostegno al centrocampo
era rivelatore delle origini di mediano dotato di tocco pulito e
senso tattico notevole. Le sue incursioni, rapide e imprevedibili,
sorprendevano spesso le difese avversarie. A dispetto di un'altezza
normale - di poco al di sotto del metro e ottanta - era abilissimo
nel gioco aereo: nelle mischie prevaleva anticipando tutti.
Da fuoriclasse qual'era, prevedeva in
modo quasi spontaneo gli sviluppi di ogni azione: anche per questo
interveniva con efficacia nei momenti più delicati. Eccezionale,
soprattutto in un Paese sguaiato come l'Italia di ieri e di sempre,
la sua disponibilità nei confronti di arbitri e guardalinee: mai una
parola di troppo, mai una protesta esagerata. Altro che gli
spettacoli penosi inscenati da attori modesti, ma arroganti, che
perdono il senso della misura con troppa facilità. Purtroppo,
l'esempio di questo ragazzo splendido e leale, di quest'uomo
appassionato e sereno, non è stato molto diffuso dai mass-media, nei
quali prevaleva - e tuttora prevale - il desiderio mercantile di
inventare personaggi sempre nuovi.
Peccato, perché
Scirea era uno di quei campioni che tutto il mondo invidiava
all'Italia: il suo stile di gentiluomo colpiva gli stranieri, Michel
Platini lo definì il compagno ideale, molti altri - anche tra gli
avversari - avevano per lui una sorta di venerazione.
Un destino assurdo ha strappato Scirea a tutti noi su una maledetta
strada polacca, domenica 5 settembre 1989:tornava a casa su
un’automobile che lo avrebbe dovuto portare all’aeroporto di
Varsavia e da lì a Torino,via Francoforte. Aveva spiato, per conto
del suo migliore amico, Dino Zoff - che in quello stesso giorno era
in panchina a Verona, dove la Juve vinse per 4-1 - il Gornik Zabrze,
squadra che i bianconeri avrebbero affrontato pochi giorni più tardi
nel primo turno della Coppa Uefa,Trofeo che poi conquistarono.
La tragedia - Scirea morì nel rogo di
quella macchina dopo un incidente provocato da una catena di
fatalità -ha accresciuto il dolore di chi, come noi, ha l'immensa
fortuna di averlo conosciuto e frequentato. Senza Scirea- lo si può
dire anche a costo di sembrare retorici -il calcio non è più lo
stesso. La sua storia sta li, nella memoria di tutti. E rimarrà
sempre attualissima.
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