Bisognava
esserci quella sera all'Heysel per capire. Bisognava vederli quei
cadaveri allineati, nei corridoi del vecchio stadio scelto dall'Uefa
per una finale di Coppa dei Campioni, e anche all'esterno. Bisognava
chiedersi per un'ora e mezza se mai si sarebbe giocata
quella partita che nessuno avrebbe voluto più vedere. Si giocò lo
stesso, e in quella atmosfera assurda, mentre dagli ospedali arrivava la
conferma di una strage senza senso (trentanove morti e centinaia di
feriti, il bilancio totale), la Juventus si aggiudicö per la prima volta
il trofeo più a lungo inseguito. Un successo amaro, del quale nessuno
parla volentieri. "Ma fu una partita verissima, il
Liverpool voleva vincerla, noi anche", ricorda Michel Platini,che
quella partita risolse con un rigore calciato alla sua maniera, dopo
aver spiazzato il portiere Bruce Grobbelaar.
Un
rigore concesso dall'arbitro svizzero Daina per un fallo dello stopper
Gillespie su Boniek lanciato verso la rete avversaria da un'idea di
Platini. Boniek fu atterrato un metro abbondante prima dell'ingresso in
area: il regolamento non prevedeva allora l'espulsione per l'intervento
da ultimo uomo, Gillespie se la cavò con un cartellino giallo, ma Daina
prese un abbaglio.Il Liverpool sfiorò il pareggio: glielo negò Stefano
Tacconi con una serie di parate, e alla fine la coppa fu consegnata a
Platini. Non mancarono scene di esultanza,che suscitarono un ampio
dibattito. I giocatori avevano saputo una parte della terribile verità,
molti di loro avevano intuito che era accaduto un fatto senza
precedenti, prima di lasciarsi trasportare dalle vicende della partita.
Cominciata con un'ora e mezza di ritardo, si concluse che era già notte:
soltanto allora, tutti ebbero l'esatta dimensione di una tragedia che
indusse il governo britannico a varare severissime misure antiviolenza e
costò ai club inglesi il bando dall'Europa per cinque stagioni.
L'orrendo
spettacolo dei ripetuti assalti degli hooligans verso gli inermi tifosi
juventini che avevano acquistato il biglietto nella curva Z, le
aggressioni con spranghe e bottiglie rotte, il crollo del muro laterale,
la morte di tanta gente per soffocamento: immagini trasmesse dalle reti
televisive di tutto il mondo, così come il pianto disperato degli amici
sopravvissuti, il dolore di centinaia di famiglie, lo sgomento dei
dirigenti dell'Uefa, accusati insieme con la polizia belga di non aver
saputo organizzare l'avvenimento più importante della stagione. Emersero
omissioni e superficialità. In sintesi, la pagina più angosciosa di
mezzo secolo di calcio continentale. La Juve tornò a casa con la coppa
che nessuno volle più festeggiare:la squadra tentö di rivincerla nella
stagione successiva, ma si arrese al Barcellona nei quarti di finale.
Soltanto nel 1996,dopo la vittoria romana ai rigori contro l'Ajax, molti
sostenitori si sentirono finalmente sul tetto d'Europa. Ma non avevano
potuto, né potranno mai, dimenticare la follia dell'Heysel,quel
maledetto 29 maggio del 1985.
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