STILE JUVENTUS. 82

Ripassiamo la storia
calcistica
Sabato sera,
dopo Juve-Inter, il Presidente Moratti ci ha regalato un’altra delle sue
frasi illuminanti: “Nei primi dieci minuti di partita abbiamo visto la
vera storia dei due club”.
Frase arrogante, provocatoria? Sicuramente istigatrice di violenza per
certe teste calde che girano negli stadi, e che fanno del calcio l’unica
loro ragione di esistenza. Al riguardo non ho sentito nessuna voce
importante parlare del pericolo che frasi del genere, dette da un numero
uno di società, potrebbero arrecare. L’importante era commentare, con gli
occhi iniettati di sangue, il fuorigioco di Asamoah.
Io non risponderò a tale affermazione, essendo troppo di parte, ma citerò
due frasi sulle quali cercherò di argomentare questo mio pezzo,
premettendo che sarà difficilissimo in quattro, cinque pagine di word
ripercorrere pagine di storia di due club così importanti; ancora più
difficile sarà sintetizzare, con il rischio di non riportare particolari
che invece potrebbero risultare fondamentali.
La prima frase è di Mario Sconcerti, notoriamente conosciuto come grande
giornalista ma, sicuramente, non propriamente juventino. Frase pronunciata
su Sky Sport:
“ Sono venute fuori valanghe d'intercettazioni diverse, che hanno messo in
seria difficoltà l'Inter; non ci scordiamo che l'Inter sta usando la
prescrizione, perché altrimenti sarebbe stata deferita, e deferita con
argomentazioni, usate dal pubblico ministero della Federcalcio, molto
molto pesanti. [...] Ma quando Moggi e Facchetti telefonavano agli
arbitri, perché telefonava anche Facchetti, ce ne sono le registrazioni,
era per avere che cosa? Quando Bergamo gli disse, perché Facchetti si
lamenta che con quell'arbitro non vincono mai, Bergamo gli risponde alla
lettera 'Vedrai che questa volta non dovrai più dire così', l'avversario
non era la Juve, ma era un danneggiato che andava a giocare e perdere con
l'Inter con un arbitro favorevole all'Inter. Io non voglio rientrare a
quel tempo, ma anche Moratti deve stare attento a quello che dice, perché
lui nel 2006 faceva pedinare i suoi dipendenti, faceva pedinare e mettere
sotto controllo il telefono dell'arbitro De Santis".
Questa dichiarazione è facilmente reperibile su YouTube, per un’eventuale
conferma di ciò che sto scrivendo.
Proprio in questi giorni ho scritto che Sconcerti che risponde a Moratti
equivale ad “un fungo porcino che nasce sulla corsia di sorpasso della
Firenze Mare”, talmente è un caso più unico che raro.
E’ la prima volta che una voce autorevole del settore urla la verità che
tutti gli altri addetti ai lavori stanno nascondendo ad arte.
La seconda frase che voglio citare è di Roberto Bettega, proprio di questi
giorni:
“Io prima del 2006 avevo vinto 14 scudetti, più di quelli vinti in tutta
la sua storia da parte dell’Inter”.
Chiaramente Penna Bianca ricordava i suoi successi sia da giocatore sia da
dirigente.
La leggenda della “Juve ladra” è nata, o per lo meno si è ingigantita,
durante gli anni settanta, proprio a Milano, e proprio durante il periodo
in cui le due squadre lombarde erano sprofondate in una crisi nera che
sembrava non avere mai fine.
Poi, come vedremo, il tam- tam milanese arriverà forte e chiaro anche a
Firenze, Roma, e sino in fondo allo stivale.
Ma torniamo all’affermazione di Bettega.
Gli anni settanta, a parer mio, sono stati quelli della consacrazione
definitiva della Società Bianconera, guidata in quei magici anni da
Giampiero Boniperti, intenditore di calcio sopraffino, oltre che
comunicatore terribilmente efficace: nel senso che liquidava i
giornalisti, onesti o meno, con tre battute mirate e ficcanti. Boniperti
era decisamente la proiezione di sua maestà Gianni Agnelli, anche lui
sbrigativo, pungente ed ironico di fronte ai microfoni.
Erano però altri tempi. Adesso le battute non bastano più: di fronte a
certi hooligans della parola occorre documentare, portare prove, dare
risposte articolate e concrete, senza possibilità di replica.
Gli anni settanta. Boniperti raccolse una Juve decisamente incolore ed
insignificante che stava chiudendo miseramente il decennio precedente.
Ringiovanì il gruppo e creò un team di futuri campioni, rimasti nella
storia del calcio, che domineranno per quasi due decenni.
Bettega, l’angelo volante, Causio, la farfalla imprendibile, Anastasi, il
siciliano goleador, Capello, il grande geometra, Furino, la roccia, ed a
seguire Gentile, Scirea, Cabrini, Tardelli e tutti gli altri, che solo a
nominarli fanno vibrare le corde dell’emozione.
L’allenatore era il grande Trap, allenatore con la A maiuscola.
L’Inter, al contrario, stava vivendo ed ammirando il tramonto dei suoi
grandi giocatori, come Mazzola, Facchetti, Burgnich, mentre gli acquisti
più importanti rispondevano ai nomi di Libera, Massa, Doldo, Bini,
Gasperini, Muraro, Scanziani, Pavone, tutti giocatori che per ricordarli
occorre andare a sbirciare gli Almanacchi Panini.
Boniperti, addirittura, fu talmente astuto che si affrettò ad acquistare
proprio dall’Inter l’unico giocatore che stava ritardando il tramonto:
Roberto Boninsegna, che a Torino avrebbe segnato goal a grappoli.
Quindi, la leggenda “Juve ladra” è nata proprio nel periodo in cui la
squadra bianconera non aveva rivali.
Ecco che era ricorrente udire, nei bar e nei circoli, che la “Juve
regalava le Fiat agli arbitri”, solo perché era più facile gridare al
ladro che fare l’inchino ai più forti.
Intanto la Juve “ladra” arrivò a prestare ben nove calciatori alla
Nazionale di Bearzot per Argentina '78, contro il solo Bellugi interista.
Contro l’Argentina, padrona di casa e futura campione, furono addirittura
schierati tutti quanti per una vittoria storica con goal di Bettega.
Quella è stata, a livello di gioco, la Nazionale più spettacolare di tutti
tempi, a detta dei professionisti del settore.
Ognuno di noi dovrebbe fare propria una frase di Trapattoni, tratta da
un’intervista rilasciata alla fine del campionato '81-'82: “Alla fine di
ogni torneo i torti ed i favori si compensano, e alla fine vince sempre la
più forte”.
Frase che gli attuali addetti ai lavori hanno volutamente dimenticato.
Come dicevo, non tardarono romani e fiorentini ad accodarsi ai meneghini:
il grido “Juve ladra” stava diffondendosi ormai in tutta Italia, dall’Arno
al Tevere, colpa di due campionati “assassini”, quello '80-'81 e quello
'81-'82, dove gli episodi incriminati furono rispettivamente il famoso
goal di Turone ed una rete annullata al viola Graziani nella partita
decisiva di Cagliari, ultima giornata del campionato successivo.
Il goal di Turone è stata la scena finale di un film antijuventino
iniziato molti anni prima, divenendo (insieme a quello di Ronaldo in
seguito) il totem della diffamazione, il corpo del reato, la prova
inconfutabile dei furti sul campo perpetrati dalla Juventus.
Nessuno ricorderà mai ai posteri che durante quel campionato a Tardelli fu
annullato, contro il Toro, un goal regolarissimo, che avrebbe consentito
alla Juve di pareggiare, e portare via un punto, quando il punto era
importante e la vittoria ne valeva due. Nessuno ricorderà mai ai posteri
gli aiuti che furono dati alla squadra capitolina per poter reggere il
passo della Vecchia Signora. L’unica cosa che conta alla vigilia di ogni
Juve-Roma è correre ad intervistare Turone. Lo faranno anche quando l’ex
giocatore romanista si avvicinerà ai novanta anni.
Invece sul secondo episodio la cosa buffa è che gli amici fiorentini e
molti giornalisti ricordano un rigore 'inesistente' per la Juve a
Catanzaro (parata del difensore Celestini sulla linea di porta) e non
parlano più dell’episodio di Cagliari.
Proprio come i bugiardi che non ricordano più a distanza di tempo la balla
raccontata: ma l’importante è diffamare la Juve ed organizzare una festa
provocatoria per festeggiare lo scudetto '82, vero, Della Valle? Come se
io ne organizzassi una per festeggiare la mia medaglia d’oro nei 100 metri
vinta a Los Angeles nel 1984 davanti a Carl Lewis.
E l’Inter che fine aveva fatto durante quel periodo? Aveva acquistato il
“fuoriclasse” Bachlechner, e faceva da comparsa alle altre duellanti.
Intanto la “Juve ladra” aveva prestato sei giocatori alla futura Nazionale
Campione del Mondo di Spagna '82.
E’ doveroso ricordare che anche l’Inter, comunque, contribuì con Oriali,
Bergomi ed Altobelli a quella indimenticabile impresa. Ma lo scheletro
della squadra era tutto juventino. Sei ladri juventini alzarono la Coppa
del Mondo.
Ed eccoci arrivati agli anni di Platini, Boniek, e dei sei Campioni del
Mondo, che dominarono la scena italiana ed europea per cinque anni.
L’Inter rispondeva con tale Ludo Coeck, Hansi Müller, Pasinato ed il
“grande” Antonio Sabato, che andarono a completare la rosa dei veterani
Beccalossi, Baresi, Bergomi, Collovati, Marini, Altobelli. Una squadra di
valore medio che non poteva competere con una Juve stellare, di cui solo
un tiraccio di Magath e la sanguinosa Curva Zeta hanno leggermente
offuscato le gesta.
Con qualche ottimo ritocco, Laudrup, Manfredonia, Mauro e Serena, la Juve
conquistò il Mondo a Tokio e l’ennesimo scudetto, 1986.
L’Inter, intanto rispondeva, con l’acquisto di Marco Tardelli, ormai al
capolinea, e Franco Selvaggi dall’Udinese, che vennero inseriti in una
squadra incapace di esplodere e maturare.
Ma la Juve continuava a rubare.
Ed ecco “finalmente” il periodo buio per Madama, che coincise, guarda
caso, con l’esplosione del Milan di Berlusconi e dell’Inter dei tre
tedeschi, Matthäus, Brehme e Klinsmann, che andarono a dare un contributo
essenziale ad una formazione ormai pronta per i trionfi. A dimostrazione
che nel calcio nulla s’inventa e chi è più forte alla fine vince.
A sostituire i disastrosi Montezemolo e Maifredi tornarono intanto
Boniperti e Trapattoni i quali, con la conquista della Coppa Uefa, fecero
da apripista alla Triade, protagonista assoluta della storia recente
juventina.
Non starò a ricordare i troppi trionfi ed i moltissimi campioni che hanno
illuminato il Delle Alpi, anche se negli occhi di tutti noi resteranno per
sempre le magie di Del Piero, Zidane, Ibra, Nedved, Trezeguet e di tutti
gli altri fuoriclasse bianconeri.
Anni di gloria assoluta, che l’Inter ha cercato di contrastare acquistando
i vari Gresko, Vampeta, Coco, Martins, Luciano, Kily Gonzales, Adani,
Morfeo, Kallon, Belozoglu e vendendo Seedorf, Pirlo, Crespo e Roberto
Carlos.
Altro grande acquisto: Alvaro Recoba, proprietario di un passaporto falso
e di un contratto da 7 miliardi l’anno delle vecchie lire per essere
prestato a destra e sinistra.
Ma la cosa divertente era che la Juve comprava i fenomeni con i bilanci
sempre in attivo, mentre il Petroliere dilapidava capitali per giocatori
di modesta caratura.
Ma la Juve rubava. E addirittura riuscì a rubare, e non riusciamo a capire
come possa avere fatto, visto che giocava ad Udine, il giorno che l’Inter
perse lo scudetto a Roma contro la Lazio. Era il 5 maggio.
“Quel giorno si scatenò Poborsky”, ama ripetermi il mio amico Luciano,
durante le nostre cene. Grande Direttore!
Intanto la Juve ladra e retrocessa in Serie B prestava cinque giocatori
alla Nazionale di Lippi (ex juventino) Campione del Mondo a Berlino 2006,
che insieme a Thuram, Trezeguet e Vieira, prestati alla Francia Vice
Campione, fanno nove. Da ricordare la presenza di Zidane ed Henry nella
finale, altri due grandi del calcio, che hanno dato lustro, assolutamente
il primo, alla Juve della Triade.
Ma la Juve rubava e ruba.
Vorrei concludere con la frase di Sconcerti: “L'Inter sta usando la
prescrizione... anche Moratti deve stare attento a quello che dice".
Infatti solo inventando Calciopoli l’Inter poteva distruggere la Juve e
tornare a vincere.
Ma il sig. Moratti non aveva fatto i conti con Andrea Agnelli, che dal
nulla è riapparso e insieme a Conte ha rivestito la Juve da Regina.
Manca ancora qualcosa però, caro Moratti: quello scudetto che ci deve
restituire, e sarà bene che lo faccia al più presto, perché Lei si sta
avvalendo di una prescrizione che lo sta salvando dalla Serie B.
E noi juventini non accettiamo più critiche ed offese da Lei. Noi sappiamo
accettare il verdetto del campo, ma non possiamo accettare continue
paternali da un Prescritto.
Inoltre, un ultimo consiglio: ripassi la storia calcistica, la sua
preparazione è da quattro in pagella
Riccardo
Gambelli
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